martedì 28 settembre 2010

Veltronismo in salsa levantina

Il vendolismo.

A prescindere dalle riserve su Vendola stesso. Un leader che, perso il confronto interno con Ferrero, ha spaccato il partito. Vendola non da la garanzia chiave per un accordo di coalizione: la lealta' (ricordo che la sinistra due volte e' morta sulle spaccature interne). Un anno fa lo si invitava ad entrare nel PD (che sarebbe potuto diventare di) di Bersani. Da quella posizione avrebbe avuto tutt'altra autorita' per parlare a nome della sinistra. Oggi parla con il profilo dello scissionista.

Dicevo a prescindere, perche' il veltronismo alle cime di rapa perpetua l'errore di credere che il referente della nostra proposta politica sia il Popolo della sinistra. Che non esiste, o meglio esiste come entita' sociologica (biciclette, bandiere della pace, cibi biologici, chilometri zero, gonne a fiori, sbattezzi, bandiere palestinesi, Che Guevara, Littizzetto, ...) ma non di classe. Minoritario nel paese, tanto piu' lo fai coeso, tanto piu' ti riduci complessivamente a quel 36% a cui sei condannato.

Le fasce deboli della societa' invece sono maggioritarie. Essere di sinistra significa parlare a quelle. Pero' significa anche essere svegli e capire che le divisioni di classe non sono piu' tracciate lungo la faglia operaio salariato vs. cittadino borghese. Anche perche', paradossalemtne, oggi i primi votano a destra ed i secondi votano a sinistra (con predilezione per la terna: IdV, SeL, 5*).

Soprattutto credo che, come metodo, nel volgersi verso le nuove classi deboli, il PD debba smettere di allisciare le pulsioni vendoliane (ma anche, e soprattutto, grilliste e dipietriste).
Serve una nuova fase di "guerra di posizione", un processo politico pedagogico di aggiornamento, di riallineamento tra i simboli ed i reali bisogni delle classi deboli.

1 commento:

karlo ha detto...

preziose verità, grazie
karlo