martedì 30 novembre 2010

Fa la cosa giusta (in morte di Mario Monicelli)

Mi da fastidio commentare a caldo ma e' necessario. Premetto che non mi sono mai schierato a favore di chi vuole imporre la morale per legge. Ho sempre considerato l'argomento una questione culturale, e quindi da condurre nel rispetto delle opinioni altrui.

Non giudico assolutamente il gesto di Monicelli. La mia riflessione parte invece dall'unanime coro che, invece, lo giudica positivamente. Che, automaticamente (ed e' questo che mi sconcerta),  cancella ogni alternativa, fosse anche la terapia del dolore fino alla morte. No, meglio togliersi subito il pensiero. In fondo, a 95 anni (la cifra viene spesso citata), che puoi fare di altro?

Spesso si chiede cosa sia la cultura della morte. Esattamente quello a cui stiamo assistendo: l'esaltazione della forza di scegliere la fine, rispetto ad una che viene qualificata indegna.

Sento dire, con compiacimento, che "con quella vitalita' non poteva rimanere in un letto, ha fatto la scelta che ci si aspettava". C'e' un giudizio di valore, sulla dignita' della vita in un letto, che e' destinato a diventare assoluto. Perche' stiamo assistendo ad un coro unanime. Sono forse le stesse le reazioni che abbiamo quando pensiamo ad un suicida "di valore"? Che so': "aveva appena vinto le olimpiadi, era un uomo riservato, ha fatto una scelta che non stupisce".

Perche', rispetto ai vecchi, ai deboli, ai malati, deve essere lodata la possibilita' di suicidarsi mentre ai giovani, ai forti, "ai generatori", no? Perche', quando un ventenne si cala l'inverosimile e si schianta in un fosso, non diciamo che e' anche quella una "scelta di forza, da rispettare"?

Oltre alla *normale* razionalita' del giudizio sulla minore aspettativa di vita, secondo me, a livello sociale c'e anche:
- l'orror vacui della morte, che ci spinge ad anticiparla
- l'idolatrazione della gioventu' e della sanezza
- la pressione di efficientamento da parte della societa' dei consumi
- (e infine, piu' grottesco di tutti) la rivendicazione militante del diritto di scelta

Non sara' che il vecchio inutile, e' meglio che si leva dalle palle, mentre il giovane sarebbe uno spreco? Che ha tanto ancora da produrre e consumare, prima di crepare? Non sara' che la cultura che sta costruendo questo modo di pensare, e' quella utilitaristica, mercantilistica, disumana, che e' alla stessa base degli sfruttamenti delle ingiustizie sociali della ferocia del mondo moderno?

Io, personalmente, rifiuto la valutazione che per un vecchio valga piu' la pena morire, rispetto ad un giovane, "perche' ha meno futuro davanti". Ma, un vecchio, non ha forse piu' ricordi? Ma, la vita, non e' forse, come la cantava uno, ADESSO? Chi lo ha detto che il futuro vale piu' del passato?

Pare sentire da ogni dove: "si e' suicidato, lo poteva fare perche' era vecchio, poteva farlo a testa alta perche' aveva vissuto utilmente", ed e' questo che mi sconcerta. Mi sembra proprio che si esalti l'esempio, si celebri il coraggio, mi sembra, insomma, un trionfo di morte.

martedì 16 novembre 2010

Culto della personalita'



La lista del Segretario a "Vieni via con me"

 La sinistra è l`idea che se guardi il mondo con gli occhi dei più deboli, puoi fare davvero un mondo migliore per tutti.

Abbiamo la più bella Costituzione del mondo. La si difende ogni giorno. Il 25 aprile si fa festa.

Nessuno può stare bene da solo. Stai bene se anche gli altri stanno un po` bene

Se pochi hanno troppo e troppi hanno poco l`economia non gira perché l`ingiustizia fa male all`economia.

Ci vuole un mercato che funzioni, senza monopoli, corporazioni e posizioni di dominio. Ma ci sono beni che non si possono affidare al mercato: la salute, l`istruzione, la sicurezza.

Il lavoro non è tutto, ma questo può dirlo solo chi il lavoro ce l`ha.
Il lavoro è la dignità di una persona. Sempre. E soprattutto quando hai trent`anni e hai paura di passare la vita in panchina. Ma chiamare flessibilità una vita precaria è un insulto. E allora un`ora di lavoro precario non può costare meno di un`ora di lavoro stabile.

Chi non paga le tasse mette le mani nelle tasche di chi è più povero di lui; e se 100 euro di un operaio, di un pensionato o di un artigiano pagano di più dei 100 euro di uno speculatore, vuole dire che il mondo è capovolto.

Davanti a un problema serio di salute non ci può essere né povero né ricco, né calabrese né lombardo né marocchino.

L`insegnante che insegue un ragazzo per tenerlo a scuola è l`eroe dei nostri tempi. Indebolire la scuola pubblica vuol dire rubare il futuro ai più deboli.

La condizione della donna è la misura della civiltà di un Paese. Calpestarne la vita è l`umiliazione di un Paese.
Dobbiamo lasciare il pianeta meglio di come l`abbiamo trovato perché non abbiamo il diritto di distruggere quello che non è nostro. E l`energia va risparmiata e rinnovata sgombrando la testa da fanta-piani nucleari.

Il bambino figlio di immigrati che è nato oggi non è né immigrato né italiano. Dobbiamo dirgli chi è. Lui è un italiano.
Se devo morire attaccato per mesi a mille tubi, non può deciderlo il Parlamento. Perché un uomo resta un uomo con la sua dignità anche nel momento della sofferenza e del distacco.

C`è un modo per difendere la fede di ciascuno, per garantire le convinzioni di ciascuno, per riconoscere la condizione di ciascuno. Questo modo irrinunciabile si chiama laicità.

Per guidare un`automobile, che è un fatto pubblico, ci vuole la patente, che è un fatto privato. Per governare, che è un fatto pubblico, bisogna essere persone perbene, che è un fatto privato.

Infine chi si ritiene di sinistra, chi si ritiene progressista deve tenere vivo il sogno di un mondo in pace, senza odio e violenza, e deve combattere contro la pena di morte, la tortura e ogni altra sopraffazione fisica o morale.

Alla fine, essere progressisti significa combattere l`aggressività che ci abita dentro; quella del più forte sul più debole, dell`uomo sulla donna, di chi ha potere su chi non ne ha. E` prendere la parte di chi ha meno forza e meno voce.

lunedì 1 novembre 2010

Cinema italiano, sconsolante

I film italiani. Me ne sono fatto un trittico in onore di Halloween:
- Happy family, Salvatores
- Mine vaganti, Ozpetek
- Genitori e figli, Veronesi

Ora il giudizio di insieme e': orrendi. Non sono neanche film, non vanno visti, diseducano al cinema.

Singolarmente:
HF, il meno peggio dei tre: la metafora dell'autore in cerca di idee come scappatoia poetica dalla reale mancanza di idee dell'autore (mi sono spiegato, no?). E' una furbata ma e' noiosa. Si salvano giusto Abatantuono che fa l'abatantuono (credo in autonomia creativa, che' gli altri dialoghi sono scandalosi) e i riferimenti meta-nostalgici alla filmografia precedente (un'invocazione di indulgenza). Voto 4.

MV, il peggio di questi. Oltre alle tare comuni ai tre (ma temo all'intero cinema nazionale), ovvero dialoghi banali, sceneggiatura sciatta, personaggi inesistenti, si aggiunge un montaggio infantile. Mi chiedo chi abbia girato ad O. il discreto "La finestra di fronte", tutti gli altri film del regista turco sono un disastro (Il bagno turco e Harem Suare non me li ricordo, e non oso rivederli). E poi basta co' 'sti mulinelli sincopati intorno alla gente che magna. Voto 2.

GEF, fare una media del giudizio sui precedenti. La storia e' il solito tentativo di raccontare il mondo degli adolescenti col metodo deduttivo. Voto 3.

I prossimi in lista sarebbero Virzi e Luchetti, da cui mi aspetto (spero) meglio. C'e' da dire che i tre sopra dovrebbero essere, in teoria, pezzi grossi del nostro cinema. E' sconsolante.

Veltroni 2.0

Sarebbero gli autoconvocati di Firenze. Non parlano di contenuti. Non si capisce cosa propongano per la sinistra.

L’unica idea e’: rinnoviamo. ma rinnoviamo cosa? come? E’ veltronismo 2.0, non importa quale politica hai, l’importante e’ che tu la venda bene. La destra non vince perche’ vende meglio ma perche’ esprime risposte concrete, per i suoi elettori. Finche’ non capiremo che il problema non e’ il pacchetto, ma il prodotto, perderemo sempre.